Pagine, pagine e ancora pagine. I bilanci annuali delle casse di previdenza dei liberi professionisti dovrebbero essere meno voluminosi. Mettono a dura prova anche gli associati più volonterosi. Non solo. Sono ermetici. Nella maggior parte dei casi hanno bisogno di una chiave di lettura e di interpretazione che obbliga il lettore ad avere approfondite conoscenze contabili e finanziarie che solo i rappresentanti di alcune categorie professionali possono vantare.
Va infatti sottolineato che il linguaggio utilizzato per la redazione dei documenti contabili è, in alcuni casi, troppo tecnico, quindi comprensibile solo agli addetti ai lavori.
Se il bilancio d'esercizio ha il limite di essere un'istantanea della situazione patrimoniale ed economica a una determinata data, è tuttavia l'unico strumento a disposizione dello stakeholder, ovvero il contribuente-investitore, per conoscere, comprendere e valutare il lavoro svolto dagli organi preposti a gestire le risorse di un'istituzione che, in questo caso, ha un'enorme responsabilità nei confronti degli associati: garantire loro le prestazioni pensionistiche.
Trasparenza, tempestività nella comunicazione dei dati sull'andamento gestionale sono caratteristiche ancora poco sviluppate dalle casse di previdenza dei liberi professionisti.
Sarebbe opportuno, per esempio, come avviene obbligatoriamente per le società quotate, predisporre anche un rendiconto dei primi sei mesi dell'esercizio, favorendo una più aggiornata e puntuale comunicazione sull'andamento gestionale. Alcuni potrebbero ricordare che per tutte le casse, da statuto, è prevista la redazione di un bilancio previsionale.
Tuttavia, la funzione svolta da tali bilanci, predisposti entro il mese di novembre, non è esaustiva e significativa in quanto non fotografa i conti a una determinata data ma offre indicazioni sulle attese economiche per l'esercizio successivo.
Un altro tema che emerge dall'analisi dei bilanci degli enti previdenziali è la mancanza di un sistema di principi contabili ad hoc che permetta un confronto, ovvero la possibilità di effettuare un'analisi comparativa tra i rendiconti dei diversi enti.
In assenza di questa norma gli enti fanno riferimento ai principi e ai criteri di valutazione previsti dal Codice civile integrati dai principi contabili stabiliti dal consiglio nazionale dei commercialisti in relazione alla riforma del diritto societario, ove la norma non contrasti con quelle specifiche di settore.
Perché allora non applicare anche ai bilanci degli enti i principi contabili Ias? La trasparenza dei conti sarebbe di gran lunga maggiore in quanto prevarrebbe il principio della «sostanza sulla forma» il che implicherebbe, ove possibile, la valutazione a fair value dei valori patrimoniali. Questo per non consentire il mantenimento in bilancio di valori «non più reali».
Ma come è possibile addentrarsi nella giungla dei «numeri» di bilancio? La richiesta di maggior trasparenza sui conti deve, prima di tutto, partire dagli iscritti delle casse previdenziali. Non tutti gli enti di previdenza, infatti, rendono disponibili sui siti Internet in modo tempestivo i propri conti.
Anzi, esistono casi in cui il bilancio non è accessibile sul sito dell'ente nonostante l'avvenuta approvazione. Una volta recuperato il bilancio si deve prestare più attenzione alla lettura dei dati esposti soprattutto se la gestione alla quale fanno riferimento è stata quella del 2008. Sull'anno passato, infatti, per l'eccezionalità della crisi finanziaria (e per certi aspetti anche il 2009 presenterà caratteristiche simili) sarà opportuno effettuare un'analisi più attenta ai criteri di valutazione applicati.
La maggior parte degli enti non ha fatto ricorso, nella gestione 2008, alle deroghe di valutazione (articoli 2423 e 2423 bis del Codice civile) e alle disposizioni contenute nel cosiddetto decreto anti-crisi (decreto legge 185/08, convertito con modificazioni nella legge 2/09).
Ma si è optato per altre soluzioni tali da risolvere le criticità di certi investimenti. Talvolta, però, neanche armandosi di buona volontà e leggendo attentamente la nota integrativa e la relazione alla gestione, è possibile decifrare le mosse dell'ente che coglie le opportunità di volta in volta offerte dal legislatore.
Infine, per un'informativa più chiara e veloce, le casse potrebbero emettere comunicati snelli con un quadro sintetico ma esaustivo, dell'andamento della gestione e soprattutto dell'asset allocation ovvero delle linee strategiche di investimento, del rendimento atteso e del livello di rischio degli asset in portafoglio. Questi asset infatti devono garantire un rendimento in grado di soddisfare il «futuro» degli iscritti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA di Maria Adelaide Marchesoni